L’individualismo nella vita condominiale
“La nostra è l’epoca del puro in- dividualismo”: così il sociologo Zygmunt Bauman (Le sfide dell’e- tica, 1996) sintetizzava lo stato della nostra società poco più di vent’anni fa. Purtroppo però in questi decenni tale condizione si è progressivamente accentuata, riflettendosi anche all’interno del- la realtà condominiale.
Tale asserzione non è solo un concetto esposto dal sociologo in questione, ma lo si denota ormai nel lavoro quotidiano, nei rappor- ti sociali e, quindi, nelle difficoltà della vita comunitaria.
Detto ciò, possono essere indi- viduati alcuni ambiti in cui mag- giormente viene evidenziata que- sta condizione.
In primis, possiamo trovare un pri- mo riscontro nelle varie decisioni riguardanti la programmazione e, soprattutto, nello sviluppo delle mansioni ordinarie e delle opere straordinarie in generale da ese- guirsi sulle parti comuni, natural- mente con tutti i risvolti ad esse contenute.
Ai nostri giorni, infatti, all’inter- no di questa realtà sociale risulta ormai molto difficile far com- prendere alle varie persone che la compongono che non può esistere l’individualismo e non ci si può preoccupare solo ed esclu- sivamente dei propri interessi, in quanto si tratta di una comuni- tà, o meglio, di una comunione. Esempi lampanti possono esse- re taluni soggetti che abitano ai piani alti di uno stabile: essi non
possono pensare di investire solamente in lavorazioni mirate alla conservazione della copertura dell’edificio che, naturalmente, li coinvolgono direttamente. Lo stesso discorso varrà per le unità immobiliari ubicate al piano terreno: tali condomini non si possono attiva- re, ad esempio, solo ed esclusivamente nel momento in cui le fognature centrali possono creargli potenziali problematiche. Applicando tale mentalità si andrebbe necessariamente incontro ad una non corretta pro- grammazione degli interventi conservativi da eseguirsi sull’edificio.
Bisogna quindi lavorare affinché le persone possano comprendere che l’amministrazione, in qualità di ge- store delle parti comuni, non svolge le proprie man- sioni solo come soggetto
che dovrà intervenire unicamente in occasioni di emergenze, anche se ciò è previsto all’interno del suo mandato, ma è anche colei che consiglia la strada per una migliore pianificazione generale dei vari interven- ti conservativi da eseguirsi, mirati ad evitare le opere aventi carattere di urgenza e necessità sopra citate. Non rientrano naturalmente in questa casistica even- tuali danni causati da eventi naturali, atmosferici e so- cio politici della quale, in ogni caso, è di fondamentale importanza prevedere una polizza di assicurazione, questo per mera precisione.
D’altro canto inserire all’interno dell’ordine del gior- no di ogni assemblea ordinaria l’aggiornamento del- la programmazione pluriennale della manutenzione conservativa dell’edificio e del condominio in gene- rale potrebbe essere un importante consiglio da sot- toporre ad approvazione, proprio per evitare qualsiasi situazione emergenziale che potrebbe venire a crear- si, riducendo al minimo qualsiasi disagio o “indiretta mala gestio” del condominio.
Dopo oltre venticinque anni di gestioni immobiliari, facendo un breve excursus dei vari immobili ammini- strati dal mio studio, posso evidenziare che il problema più importante e fisiologico degli edifici risulta essere, ahimè, la vetustà dei fabbricati stessi. Spiegandomi meglio, al principio dell’esercizio della mia professio- ne stabili sotto la nostra gestione erano stati edificati
da circa un paio di decenni. Ora, dopo quasi trent’anni gli stessi condomìni stanno superando il mezzo secolo di età, con naturali deprimenti del caso.?Tali fabbricati, definiti vecchi, richiederanno quindi una maggiore “attenzione gestionale”, con un pro- gramma di manutenzione molto più importante ri- spetto ai immobili di edificazione più recente. In tal caso, la programmazione ben definita di una serie di interventi conservativi a lungo e medio termine risul- terà di fondamentale importanza, soprattutto in ter- mini di dilazione dei costi dei lavori da eseguirsi. Porto ad esempio un caso recente: le radici di alcuni alberi ad alto fusto piantumati nel giardino condominiale hanno penetrato le tubazioni di scarico del sistema fo- gnario, creando un blocco con conseguente rigurgito ai piani bassi dell’edificio. La soluzione consigliata è quella di scavare in profondità nel terreno del cortile, sostituire il tratto di tubazione ammalorata e, magari, cercare di prevenire futuri danni con una coibentazio- ne più appropriata. I condòmini dei piani alti invece hanno proposto di intervenire con una semplice “tri- vella a bicchiere” all’interno del condotto fognario, rimuovendo le radici, ma non l’origine del problema. Tale lavorazione può essere considerata “un’operazio- ne tampone”, che naturalmente non risolve la proble- matica, ma la rimanda nuovamente, magari all’anno successivo, quando poi si sarà costretti con tutta pro- babilità a sostituire un tratto maggiore di tubazione. In questo caso entra in gioco la capacità di comunica- zione generale e, soprattutto tecnica, dell’amministra- tore, caratteristica fondamentale per lo svolgimento di questa attività, che dovrà necessariamente condurre i condomini verso la soluzione migliore e più di buon senso.
Fortunatamente negli ultimi anni le normative che di volta in volta vengono approvate e rese obbligatorie, vengono spesso in aiuto a colui che gestisce il condo- minio. Penso alla recente introduzione del CIS (Certi- ficato di Idoneità Statica) entrato in vigore ad esempio nel Comune di Milano, che sicuramente verrà via via esteso anche ad altri comuni che decideranno di met- terlo in atto. Tale certificato obbligatorio, che interessa i palazzi aventi più di cinquant’anni, sarà mirato a far ottenere un’ idoneità statica da parte di un ingegnere strutturalista che, a sua volta, dovrà garantire e certi- ficarne l’integrità dell’edificio. Tale regolamentazione potrà sicuramente essere mirata ad una prevenzione molto importante, come altre normative che posso subentrare nel corso dei vari esercizi. L’aumento di tali obblighi normativi, non ultimo la contabilizzazione di calore e altre future imposizioni che lo Stato appliche- rà ai condomini, porterà una ancora maggiore necessi- tà di programmazione delle varie lavorazioni, al fine di evitare inevitabili sovrapposizioni di costi straordinari.
Sono certo che una migliore e più mirata informazio- ne anche da parte dei media contribuirebbe a far cam- biare mentalità generale alle persone.
Il secondo ambito in cui l’individualismo condomi- niale viene messo in risalto sono i vari richiami che vengono eseguiti. Premettiamo e, sappiamo, che co- munque tali richiami devono essere sempre eseguiti in maniera generale, magari mediante una “circolare generica”, salvo che non vi sia una precisa delibera as- sembleare da mettere in esecuzione. Nel caso in cui il richiamo venga eseguito dall’amministrazione in ma- niera personale, la reazione che solitamente si registra risulta essere alquanto infantile: “perché a me segnali questo e a lui non segnali quello?”. In tali casi la rea- zione spesso fa sorridere e pensare più a una scuola d’infanzia anziché ad un condominio.
Da ciò si evince che spesso è difficile riconoscere i propri errori, riflettendo tale casistica sociologica di comparazione alquanto negativa.
Di riflesso sorge palese il terzo ambito: “i disturbi condominiali”. Sovente comportarsi liberamente nel proprio appartamento senza pensare di arrecare fa- stidio ai vicini di casa, considerare le necessità indivi- duali senza badare, per esempio, agli orari di silenzio previsti dal regolamento condominiale avente natura contrattuale oppure assembleare, sembra ormai una consuetudine. Avere la consapevolezza che non si può solamente guardare ai propri interessi quando si vive in una comunione sarebbe un enorme passo avanti, mirato soprattutto alle ormai vecchie e dimenticate “elementari regole di buon vicinato e rispetto recipro- co”.
Il quarto ambito da me considerato riguarda i piccoli lavori di manutenzione ordinaria eseguiti all’interno delle parti comuni. Ricordo nell’ormai lontano 1992 quando nella maggior parte dei condomìni i consiglie- ri, oppure il portiere negli stabili di grandi dimensioni, spesso si occupavano anche della sostituzione delle lampade nelle parti comuni, della registrazione delle autochiusure dei portoni, oppure ricordo l’impegno comune dei vari condomini nella cura del giardino condominiale nei fine settimana. Di conseguenza era evidente un rilevante risparmio sui costi di gestione. Ai nostri giorni invece, con la modifica delle norma- tive sulla sicurezza e, soprattutto, nella ormai assente buona volontà della maggioranza dei condòmini, ha ormai fatto si che ogni singola problematica che viene a crearsi deve essere risolta da un soggetto oppure da un’impresa esterna.
Un ulteriore esempio potrebbe essere la sostituzio- ne degli zerbini condominiali, che ancora in qualche condominio viene svolta da inquilini volenterosi; ciò
comporta il dimezzamento dei costi, rispetto all’acqui- sto e il conseguente trasporto da parte di un’impresa esterna. Noto soprattutto che le nuove generazioni si interessano sempre meno alle parti comuni, ma que- sto atteggiamento non impedisce loro di lamentarsi delle alte spese condominiali a fine esercizio. Questo potrebbe essere un tipico caso sociologico di risvol- to negativo dell’attuale impronta dettata dalla società stessa che, di riflesso, si sviluppa all’interno della vita condominiale.
È proprio quest’ultimo ambito che soprattutto ha modificato la tipologia di condomino e, soprattutto, ha trasformato le mansioni amministrative del gesto- re delle parti comuni nell’ultimo trentennio. Inoltre, l’assurdità dell’ultimo lustro è diventata la difficoltà in alcuni stabili di organizzare l’assemblea annua condo- miniale che, spesso, ottiene un elegante assenteismo e la conseguente mancanza del quorum deliberativo. A tal proposito se pensate che l’amministratore debba essere preparato solo sulle normative oppure sull’im- piantistica o quant’altro concerne la sua attività, vi sbagliate: conoscere la programmazione televisiva e, soprattutto, sportiva è diventato fondamentale per svolgere questo lavoro. Vi sembra un’assurdità? Il tut- to risulta essere ahimè grottesco. Un incontro di calcio importante oppure una puntata di un reality show or- mai sono più importanti dell’assemblea annua condo- miniale, salvo poi mostrare puntualmente disappunto per le decisioni prese dai pochi coraggiosi che hanno deciso di partecipare alla riunione.
L’ultimo ambito che andremo ad esaminare, ma non per questo di minore importanza, è la regolamentazio- ne riguardante la raccolta differenziata dei rifiuti.?Tale regolamentazione, ormai introdotta da circa un ventennio, è da sempre una problematica irrisolta all’interno dei vari stabili. Spesso far capire alle varie
famiglie che una cattiva gestione della raccolta diffe- renziata può incidere negativamente sulle varie unità abitative risulta ormai complicato, oltre a riflettersi doppiamente sui costi: innanzitutto per eventuali san- zioni che potrebbero essere applicate dalla polizia lo- cale preposta ai controlli del caso, poi per i costi di smaltimento alla pubblica discarica in caso di mancato ritiro dei rifiuti indifferenziati.
Oltretutto nell’area di raccolta condominiale sovente vengono abbandonati materiali ingombranti che, sem- pre da regolamento comunale, il soggetto dovrebbe trasportare direttamente alla pubblica discarica. Pun- tualmente ciò non viene eseguito e, di conseguenza, l’impresa di pulizie dovrà smaltire tutto con un aggra- vio di costi sul bilancio condominiale. In ogni caso, una sanzione per una mancata differenziazione dei rifiuti che viene corrisposta al condominio non signi- fica che un’entità superiore si occuperà del pagamen- to, ma che, e qui torniamo all’argomento principale, i comportamenti del singolo componente ricadranno inevitabilmente anche sugli altri inquilini.
Dopo questa lunga disquisizione non vorrei che il tutto venisse recepito come fatto estremamente ne- gativo che possa incidere drasticamente sulle mansio- ni dell’amministrazione condominiale, ma quello che ci tenevo a portare alla luce è come una situazione sociale si rifletta inevitabilmente anche sulla vita del condominio. Come dovrebbe porsi allora un ammi- nistratore? Laddove è presente un vuoto normativo il mio consiglio è quello di utilizzare il buon senso che, come in ogni ambito della vita quotidiana, dovrebbe sempre prevale. Inoltre un secondo appunto è quello di svolgere un’attività altamente diplomatica, magari lavorando sulla psicologia dei vari soggetti, il tutto condito con molta molta pazienza e passione per tale professione. Con buona pace di Bauman.